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People, Planet and Profit: perché e come approcciarsi alla trasformazione sostenibile
Tutti i giorni sentiamo parlare di sostenibilità nella nostra vita quotidiana e nelle nostre attività di business, ma non sempre riusciamo a coglierne gli aspetti più sostanziali.
Maria Carla Lombardi, Consulente Senior PRAXI Risorse Umane, si è confrontata con un vero opinion leader in materia, Paolo Taticchi, Professore di Strategia e Sostenibilità all’Università UCL School of Management di Londra, per comprendere meglio come districarci in questa materia così complessa.
Si parla di sostenibilità da molti anni, come mai oggi la sensibilità del mercato è così accesa?
Negli anni ’80, quando le Nazioni Unite definivano il concetto di sostenibilità, si perseguiva l’idea di “salvaguardare il pianeta”, senza esplicitare una diretta connessione tra questo fine e lo sviluppo economico. Le azioni che i Corporate Social Responsability Manager promuovevano in azienda per tutelare i dipendenti e il territorio erano spesso considerate buoni comportamenti con un impatto marginale sui risultati, per cui le aziende, fortemente orientate al profitto e allo sviluppo della loro organizzazione più che a un qualche fine percepito come filantropico, non si riconoscevano facilmente in questo obiettivo.
Solo negli anni ’90, a seguito di alcuni scandali che hanno travolto grandi aziende multinazionali per comportamenti scellerati impattanti sull’ambiente o su temi sociali, ci si è resi conto di quanto le performance finanziarie di un’azienda fossero legate alla reputazione della stessa, e non solo.
Oggi il concetto di sostenibilità è molto più ampio, inclusivo e concorre in prima posizione per migliorare il posizionamento competitivo e la redditività delle organizzazioni attraverso la creazione continua di valore, la relazione con la filiera e gli stakeholder e l'integrazione dei fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) nel processo decisionale. Le aziende assumono un ruolo sociale in cui si riconoscono appieno e che stanno gradualmente facendo proprio, creando meccanismi virtuosi di collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti, a vari livelli, nell’economia: grandi e piccole aziende, terzo settore, Pubblica Amministrazione, Istituzioni.
Basandosi sull’evoluzione che ha avuto negli ultimi 20 anni, quali sono gli elementi chiave di cui un’azienda deve tenere conto per approcciare la sostenibilità?
In primis il purpose: uno scopo chiaro e ben identificato, inclusivo di un comportamento virtuoso, permette di inspirare e guidare i dipendenti, fidelizzare la clientela e migliorare le performance.
Un altro elemento è la creazione di valore condiviso: le attività aziendali devono poter generare benefici per una pluralità di soggetti, interni ed esterni.
Il terzo elemento fondamentale è la gestione e l’integrazione delle politiche ESG nei processi decisionali finalizzate allo sviluppo sostenibile.
Per ultimo, ma non meno rilevante, la consapevolezza che si tratti di un investimento strategico, non un costo, volto a migliorare le performance e la competitività.
La redditività è uno dei principali stimoli riconosciuti dai Board. Ma cosa spinge veramente un’azienda a cambiare, ad investire nello sviluppo sostenibile?
La domanda è assolutamente opportuna. Le pressioni arrivano da tutti i fronti: Istituzioni, organi regolatori, investitori, clienti, dipendenti e, in generale, tutto il sistema sociale che ci circonda. Nessuno può restare sordo alle richieste del mercato.
Gradualmente i Board riconoscono che le azioni legate ai temi di sostenibilità impattano sul brand, sulla gestione dei rischi e sulla crescita economica. Chi riuscirà a coglierne i vantaggi competitivi sarà leader del processo di cambiamento della propria azienda; diversamente, affronterà le conseguenze della propria miopia.
Possiamo pensare, per esempio, ai vantaggi che il mercato finanziario offre a chi incentiva le iniziative di sviluppo sostenibile…
Esatto, il mercato finanziario offre l’accesso a sistemi di finanziamento ed investimento destinati esclusivamente ai soggetti che hanno implementato strategie sostenibili e dimostrabili con report solidi e rispondenti ai requisiti di chiarezza e trasparenza. Questo vale non solo per le grandi aziende, come la normativa impone già oggi, ma a tendere anche per le PMI, oltre 25.000 imprese se guardiamo anche solo al territorio italiano.
Anche nel mercato retail abbiamo assistito a cambiamenti significativi…
Il mercato retail è stato uno dei primi che ha subito la pressione dei consumatori che oggi, forse, non sono ancora pronti a pagare significativamente di più per un prodotto sostenibile, ma che considerano la sostenibilità della filiera un elemento discriminante per la scelta dei prodotti.
Molte organizzazioni si sono attivate per affrontare il tema della sostenibilità, costituendo Comitati ad hoc per definire strategie e politiche adeguate ed identificando Manager in grado di mettere a terra le azioni più appropriate per raggiungere gli obiettivi attesi. Anche la nostra Survey “ESG Manager in action” mostra chiaramente la necessità di identificare competenze, tecniche e relazionali, adeguate a questo specifico processo di cambiamento. Quali caratteristiche devono esprimere i professionisti che operano su queste tematiche?
Se accettiamo che la trasformazione sostenibile sia un elemento cruciale sul piano della competizione sul mercato, sicuramente per l’Executive Search la sfida è notevole.
Senza un’adeguata leadership nessuna transizione sarebbe possibile. Soltanto per raggiungere gli obiettivi afferenti ai temi ambientali, si stima che nel mondo verranno a crearsi 400 milioni di nuove opportunità di lavoro entro il 2030.
Negli ultimi 20 anni sono nate realtà specificatamente dedicate e verticali sui temi della sostenibilità: agenzie di rating, apposite Business Unit di società di consulenza, studi professionali che raccolgono ed analizzano i dati ESG, fino a società che favoriscono il networking per accelerare la trasformazione. È nato un intero “ecosistema” che ancora sta crescendo. Ma non emergeranno solo nuove professioni, dovremo lavorare anche sulla consapevolezza e sulle competenze per moltissime posizioni già esistenti.
Ci sono poi caratteristiche più “trasversali”, necessarie in qualsiasi strategia di cambiamento: essere capaci di identificare e leggere i segnali, cogliere le opportunità, affrontare i rischi, ingaggiare le risorse coinvolte nel processo. Avremo bisogno di eccellenti “influencer”, capaci di porre le giuste domande avendo una visione olistica dei temi trattati.
Come si sono mossi i pionieri della sostenibilità per individuare i leader di questa funzione e dei team coinvolti all’interno del mercato?
Fino a una quindicina di anni fa non esistevano “professionisti della sostenibilità”. Quello che le aziende pioniere hanno fatto è stato “spostare” professionisti coinvolti su altri fronti e sostenerli nello sviluppo delle competenze verticali sul tema specifico. Se guardiamo al background degli attuali leader e Responsabili di team di sostenibilità delle 500 aziende appartenenti alla lista di Fortune, troviamo funzioni eterogenee: dal marketing, alle operation, alla comunicazione. Oggi, per fortuna, esistono percorsi di studio specializzati che stanno formando una nuova classe di leader, più consapevoli e preparati, nuove leve che scelgono la materia con passione e si confrontano apertamente.
Quanto la consapevolezza e il coinvolgimento dei Board è fondamentale nell’implementare politiche efficaci in una strategia aziendale che tenga in considerazione la trasformazione sostenibile?
Non bastano specialisti e leader della sostenibilità a condurre una trasformazione così complessa, è fondamentale che i Board, i CEO e tutta l’organizzazione comprendano l’importanza del cambiamento.
La trasformazione sostenibile è sicuramente un tema che sottopone le organizzazioni ed i Manager ad un forte stress, per cui bisogna essere preparati e pronti ad agire.
Ancora oggi ci sono troppe lacune e poca conoscenza per poter garantire un processo fluido. L’alfabetizzazione è ancora scarsa, così come la comprensione degli elementi chiave, a tutti i livelli. Per questo è importante formare le risorse con nuovi strumenti e valorizzare le competenze specifiche necessarie alla comprensione delle priorità e delle aree di rischio. I CEO e i Board devono partecipare attivamente a questo processo culturale e sostenerlo con iniziative ed entusiasmo.
Temi quali la decarbonizzazione, il reporting, la diversity & inclusion sono oggi quelli su cui le aziende richiedono più interventi alle società di consulenza. Tuttavia, la strategia di sostenibilità non può essere affidata esclusivamente a consulenti esterni, ha bisogno di risorse interne dedicate e team di lavoro che collaborino perché il sistema possa essere efficace e continuo nel tempo.
Nella survey condotta da PRAXI “ESG Manager in action” è emersa anche l’importanza di posizionare queste figure professionali ed i team che si occupano di sostenibilità a diretto riporto dei CEO e degli organi di controllo. Qual è la tua opinione a riguardo?
Condivido pienamente. Nelle realtà più strutturate esistono team nutriti che riportano direttamente al Top Manager e fanno parte dei Comitati di indirizzo, pronti a guidare l’azienda nelle scelte più difficili con rapidità ed efficienza, con le deleghe necessarie per prendere decisioni anche impopolari se incongruenti con le politiche di sostenibilità condivise.
L’importanza che questi Manager rappresentano per l’azienda è evidenziata anche dal fatto che si sono costruiti sistemi premianti per valorizzare il contributo che forniscono all’organizzazione.
Grazie Paolo per questa analisi precisa e puntuale su come si sia sviluppato il tema e su come dovranno reagire le aziende per adeguarsi alle nuove richieste del mercato nel suo insieme.
Le aziende oggi hanno di fronte una sfida veramente ardua, e normative o indirizzi esistenti possono confondere piuttosto che guidare. È chiaro che le organizzazioni dovranno saper scegliere con saggezza i leader di domani, riconoscendone le competenze e affidando loro le deleghe necessarie a raggiungere i risultati attesi.